Appunti delle lezioni di storia e critica dell'arte della prof.ssa Orietta Rossi Pinelli. Nella prima parte degli appunti viene definita la periodizzazione dell'arte italiana secondo Previtali e Bologna. Nella seconda parte viene trattato il tema del museo, viene descritta la sua evoluzione nella storia e il valore che assume ai giorni nostri. Vengono fornite poi una serie di definzioni di correnti artistiche che sono nate negli anni, quali Rinascimento, Manierismo, Neoclassicismo, Barocco e Rococò. Si conclude con un breve accenno alla critica del 900.
Storia della critica d'arte
di Alessia Muliere
Appunti delle lezioni di storia e critica dell'arte della prof.ssa Orietta Rossi
Pinelli. Nella prima parte degli appunti viene definita la periodizzazione dell'arte
italiana secondo Previtali e Bologna. Nella seconda parte viene trattato il tema
del museo, viene descritta la sua evoluzione nella storia e il valore che assume
ai giorni nostri. Vengono fornite poi una serie di definzioni di correnti artistiche
che sono nate negli anni, quali Rinascimento, Manierismo, Neoclassicismo,
Barocco e Rococò. Si conclude con un breve accenno alla critica del 900.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Scienze Umanistiche
Esame: Storia della critica d'arte
Docente: Prof.ssa Orietta Rossi Pinelli1. Riflessione sul concetto di arte
Le periodizazioni che usiamo (rinascimento, barocco, ecc.) hanno cominciato a prendere corpo per la
maggior parte nel XIX secolo quando la storia dell’arte è divenuta una disciplina insegnata nelle accademie
e in qualche università, quando il territorio della storia dell’arte era quindi ancora poco conosciuto, quando i
modelli storiografici e scientifici erano ispirati da un pensiero positivista, quando prevaleva un interesse per
lo stile, quando la categoria del bello occupava il vertice della scala dei valori estetici, quando si
condivideva
il principio tra gli storici che esistesse uno spirito del tempo e che lo stesso dovesse metterlo in luce. Da
almeno una trentina d’anni la storia dell’arte si è mossa in altre direzioni: al mito del capolavoro si è
affiancato quello della valorizzazione di diverse forme e modelli di espressione artistica, indipendentemente
dalla qualità delle opere; ha cominciato ad assumere rilievo la comprensione del significato dell’opera (sia
iconografico che antropologico), nonché la ricostruzione dei contesti artistici e culturali piuttosto che quella
delle singole personalità (le monografie ad es., sono cadute in disuso rispetto all’analisi dei gruppi, delle
botteghe, delle produzioni, del mercato, della conservazione, della tutela, ecc.).
Alessia Muliere Sezione Appunti
Storia della critica d'arte 2. L'antico sulla cultura, gli anno 80 del XVIII sec. a Roma
È difficile comprendere quale ruolo abbia occupato l’antico in un data cultura. Nel corso del XVIII secolo
gli intellettuali europei hanno arricchito la storia del passato con cronosofie e cronologie che hanno portato
ad esaltare l’antichità non più come un’epoca compatta ma come un susseguirsi di età e fasi differenziate.
Winckelmann ad esempio contribuì in modo sostanziale a far conoscere, descrivere e interpretare il passato
attraverso un sistema articolato; la sua Storia dell’arte delle antichità non è solo un testo di estetica ma
contribuì a sostanziare la cognizione che non di arte bensì di arti era formata la storia della cultura visiva
ereditata dal passato, era scandita da innumerevoli e stilisticamente ben differenziati periodi artistici, mutuati
in relazione alle epoche, ai luoghi, alle condizioni politiche. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo
iniziarono a uscire pubblicazioni che paragonavano i primordi dell'arte antica con i primordi dell'arte
moderna, in comune avevano uno stile semplice e lineare; il medioevo coincide con l'avvento del
cristianesimo; la stagione napoleonica, nonostante le esaltazioni della classicità fu molta attenta alle culture
medievali. Nel 1779 arriva a Roma Seroux d'Agincourt con l'obbiettivo di completare l'intero ciclo di storia
dell'arte, avviata da dove Winckelmann l'aveva troncata. Cominciò a commissionare a molti giovani artisti i
disegni di un gran numero di opere medievali. In lui prevale la vocazione storiografica, l'impegno a
contribuire ad una storia globale. Seroux intende scrivere una storia dell'arte occidentale del medioevo, di
cui è necessario documentarne i monumenti. Nell’’Histoire de l’art si intendeva sottolineare una linea di
continuità tra le pitture egizie ed etrusche, le urne funerarie greche, i bassorilievi romani e le catacombe
cristiane. Il classico come punto di riferimento che periodicamente si è riproposto agli artisti. L’Histoire de
l’arte rappresenta la più diffusa opera di consultazione sull’arte medievale a livello europeo. L’antico si
manifestava in molteplici aspetti e un Cantiere come il Casino Borghese ha testimoniato la forza
polarizzante
degli innumerevoli modi con cui l’antichità si andava rivelando nella sua diacronia e nella sua geografia. Ma
le articolazioni attraverso cui l’antico si svelava, non condizionarono solo i linguaggi; negli anni 80 in
particolare ne fu coinvolto anche il rapporto degli intellettuali e delle istituzioni col patrimonio artistico nel
suo insieme; salvare la continuità della storia dell’arte accoglierne la molteplicità fu un imperativo imposto
non solo dalle tante storie della storia dell’arte, dalla varietà dei modelli che emergevano dagli scavi, dalla
ricerca, ma anche da una coeva coscienza che quel patrimonio era dell’umanità, una memoria storica
comune che andava conservata, organizzata e comunicata. Una consapevolezza questa che maturò nel corso
del XVIII secolo a che trovò nel cantiere per la costruzione del museo Pio-Cementino e nel catalogo di
Quirino Visconti un monumento senza eguali destinato a costituire un modello museografico. L’architettura
del museo vaticano era stata voluta come contenitore in grado di offrire un nuovo contesto alle statue, tale da
evocare gli sazi e la disposizione dei palazzi antichi. Nicchie, colonne binate, pavimenti a mosaico, tutto
mirava ad evocare l’architettura del Pantheon, delle Terme, di Villa Adriana, dei Fori. La storiografia
contemporanea, a partire dagli anni ’60, si è interrogata sulla possibilità di classificare questa complessa
macchina espositiva sotto l’etichetta di neoclassicismo; il prefisso neo implica una fase di ripresa dopo una
fase di oblio, il che è un’ingenuità storiografica giustificata da schemi periodizzanti obsoleti.
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Storia della critica d'arte 3. La nozione di neoclassicismo
Le nozioni periodizzanti sono riconducibili alle definizioni di:
1) Neoclassicismo: la ragione profonda sta nella sua falsificazione storica che nel ‘700 si riscopra l’antico e
di conseguenza, quindi si rinnovi lo stile. Secondo la prof. nel XVIII secolo non ci fu nessuna riscoperta
dell’antichità greco-romana ma piuttosto ha preso corpo la creazione di un modello storiografico ancora
oggi utilizzato. Cominciarono ad apparire in questo secolo le prime forme di classificazione. L’antichità
classica seguitava ad essere un modello primario sia per i modernisti che per gli antichisti durante il 6-700; e
la prima manifestazione culturale che rifiuta programmaticamente l’antico (per cercare nella natura il
segreto della bellezza) è la cultura Rocaille che ha avuto corso proprio nel XVIII secolo e che ha convissuto
con le correnti classiciste. Per cui è rischioso usare definizioni periodizzanti che tendono a nascondere
quella articolazione e complessità e possono condizionare e inquinare la ricerca. Nel 1962 è uscito un
eccellente saggio di Carlo Basso dal titolo Le interpretazioni del neoclassicismo nella moderna critica d’arte,
che ricostruisce le vicende di questa categoria periodizzante nel corso del Novecento e analizza il senso che
ogni storico dell’arte ha attribuito a tale nozione. L’aggettivo neoclassico è stato coniato nella
seconda metà del XIX secolo, il suo uso e la sua estensione a categoria ha cominciato a prendere piede solo
negli anni ’20 del Novecento (nel periodo dei ritorni all’ordine) per consolidarsi nel secondo dopoguerra ma
proprio dalla fine degli anni ’60 sono cominciati ad emergere i primi disagi. 2) Stile impero: I due decenni
che vanno dalla campagna d’Italia guidata da Napoleone (1796) e la fin del suo Impero (1815) hanno visto
la cultura artistica godere di un notevole impulso (come veicolo di esaltazione di accadimenti, come lingua
franca comprensibile a tutti e quindi più adatta di altri media ad avviare un processo di omologazione
culturale, come oggetto di culto identitario, quindi di valorizzazione e protezione). In questi decenni in un
primo periodo ha prevalso la pluralità dei linguaggi cui si sostituisce, con la conquista dell’Europa, l’avvio
di una fase imperiale, la conseguente diffusione di un modello ufficiale squisitamente francese che
coinvolge lo stile di vita dei gruppi più direttamente collegati ai dominatori. Si potrebbe estendere la
definizione di stile
impero a quella produzione artistico/architettonica che assume un carattere veramente internazionale, nel
senso che ha raggiunto più o meno tuti i paesi conquistati e ha forse ha segnato i momenti ufficiali della vita
pubblica.
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Storia della critica d'arte 4. La periodizzazione della storia dell'arte in Italia, Previtali
Le questioni maggiormente discusse nella periodicizzazione della storia dell’arte in Italia, di cui Previtali e
Bologna (entrambi della scuola del Longhi) si fecero interpreti, si possono schematicamente ridurre a tre:
1) il se, il dove e il come fare iniziare un’arte riconoscibile come italiana;
2) sulla liceità di parlare di un’arte in Italia o di un’arte italiana;
3) se è opportuno o errato attribuire centralità ai momenti di frattura e innovazione;
Periodicizzazione della storia dell’arte in Italia: Previtali
La periodicizzazione secondo Previtali: nella Periodicizzazione della storia dell’arte in Italia, del 1979
Previtali si dichiara convinto che si possa parlare di un’arte italiana e si possa quindi stabilire un tempo e un
luogo di inizio. Solo la descrizione storica dei caratteri specifici dell’arte italiana sostiene Previtali, può
darci insieme la sua definizione e la chiave per la soluzione del problema della sua origine e continuità.
Previtali è certo che esita una continuità territoriale e afferma che il problema dello storico non è quello di
definire dei caratteri permanenti ed immutabili ma delle continuità collegate e riconoscibili (riconoscere che
l’arte italiana è mutata nel tempo non può significare che riconoscerne l’esistenza). Sostiene che è
necessario parlare di arte italiana e non di arte in Italia poiché nel secondo caso sarebbe necessario prendere
in considerazione situazioni artistiche che entrano a far parte della storia dell’arte italiana solo a partire dal
XVIII secolo quando gli italiani le scoprirono e le integrano nella propria coscienza nazionale. Previtali
riconosce a Wolfflin il merito di aver contribuito a stabilire la centralità dell’aspetto stilistico come asse
portante della periodizzazione. L’aspetto che maggiormente lo coinvolge nel ricercare la fase aurorale
dell’arte italiana è la possibilità di acquisire ogni particolare mutazione stilistica che segni un distacco dalla
tradizione bizantina.
Lo stesso Previtali afferma che l’arte italiana nasce in Toscana come sintesi e soluzione nuova di continuità
classico-bizantina e innovazione barbarico-gotica (associa la vitalità artistica alla vitalità economica). Lo
schema periodizzante che propone è fortemente condizionato da una dictomia tra innovazione e ristagno
(evidenzia un alternarsi tra fasi dinamiche e involutive che in realtà non portano né ad una arricchimento di
sapere né alla comprensione delle cause) e da un bisogno di emettere giudizi di approvazione o condanna.
La fase aurorale dell’arte italiana viene cioè individuata in relazione all’evolversi dei linguaggi artistici nei
trent’anni a cavallo tra Due-Trecento in ambito fiorentino-senese. Un glorioso momento cui seguono fasi di
involuzione e accelerazioni innovative.
Alessia Muliere Sezione Appunti
Storia della critica d'arte